La nipote di Gandhi:

"OGNUNO È PORTATORE DI PACE"

 

Di Melissa Bertolotti, estratto dall'Italo Americano, 20 marzo 2003

Se suo nonno dovesse tornare oggi, dice Tara, dovrebbe cominciare tutto da capo. Perché il mondo ha paura, e la paura genera violenza. Ognuno deve cercare la pace.

Ti guarda negli occhi, come se stesse rivolgendosi all'umanità intera. Uno sguardo prolungato, con l'intensità che solo il popolo indiano sa trasmettere. E poi le mani, che prendono le tue, e invitano a una preghiera universale per la pace. Subito dopo un inchino, perché l'idea della guerra possa essere bandita e tutto il mondo segua il solo Dio della non violenza.

Lei, Tara Gandhi, non ha percorso altra strada, nei suoi 66 anni vissuti nel ricordo del nonno che si faceva chiamare Mahatma. Ora Tara vive divisa tra Roma e New Dehli, dove segue un programma per sostenere, con aiuti concreti, donne e bambini indiani poveri grazie all'apporto italiano della Fondazione Votigno di Canossa.

E oggi, che il mondo si avvicina con sempre maggiore velocità all'ennesimo conflitto bellico, la figlia dell'ultimo dei quattro eredi maschi dell'uomo che come nessun altro rappresenta la Pace, si fa portavoce di un appello al contempo intimo e universale. Perché tutti, e ognuno, devono farsi portatori di pace.

La pace è in bilico. E il mondo si prepara a una nuova guerra, questa volta contro l'Iraq. Cosa avrebbe detto suo nonno, il Mahatma, oggi?

"Avrebbe invitato ognuno di noi a essere autosufficiente, moralmente e spiritualmente. Avrebbe chiesto a tutti di sentirsi responsabili, di quello che sta avvenendo".

Per fermare questa escalation di violenza, oggi, avremmo quindi bisogno di un nuovo Gandhi?

"Mio nonno, se dovesse tornare, sarebbe costretto a ricominciare tutto da capo. I mali di oggi derivano tutti dalla paura e dalla mancanza di fiducia nell'altro. Come diceva Gandhi, per combattere la paura serve armonia, verità e amore. Solo rispettando questi dettami si arriverà alla bellezza globale, spirituale, fisica e mentale".

Né con Bush, né con Saddam, quindi. Ma cosa potrebbe fare, ognuno di noi, per impedire la guerra?

"Ognuno, ripeto, deve sentirsi responsabile. E tutti, nel proprio piccolo, devono operarsi contro la violenza. Perché siamo tutti portatori di pace. Anche nella vita di tutti I giorni, nei gesti quotidiani. Tutti possiamo e dobbiamo dire no alla guerra".

Lei ha vissuto in Italia, a Roma, come moglie di un alto funzionario della FAO dal quale ha avuto due figli. Come giudica che si sta comportando la nostra Nazione nei confronti dell'attacco a Baghdad?

"L'Italia oggi ha un ruolo molto importate nel mondo. Ho visto, sulla mia pelle, che siete un popolo che sa dare molto amore e amicizia. Ma anche invitarvi a non smettere mai di trasmettere messaggi di pace".

 

L'Italo Americano is a weekly newspaper serving the Italian-American community of Los Angeles area since 1908.

 


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